giovedì 3 marzo 2011

KANELBULLAR (versione Milanese)




Ingredienti per la pasta base:

50 gr lievito per dolci
¼ di bicchiere di acqua tiepida
100 gr di burro
300 ml di latte
1/2 cucchiaino di sale
150 ml di zucchero (100 raffinato e 50 di canna)
1 cucchiaino di cardamomo in polvere
400 gr farina 00 (300 farina 00 e 100 farina di farro)


Ingredienti per il ripieno di cannella e zucchero:

100gr burro o margarina
1/2 cucchiaio di cannella
100 ml di zucchero di canna
1 uovo sbattuto per spennellare
granella di zucchero per decorare (facoltativo)


In un pentolino sciogliere il burro e versarvi successivamente il latte. Aggiungere il lievito continuando a mescolare.
Aggiungere sale, zucchero e cardamomo sempre mescolando.
Aggiungere successivamente la farina gradualmente fino ad ottenere una pasta morbida e non appiccicosa.
Porla in una terrina e lasciarla lievitare un'ora coperta da un panno di lino, al buio.
Impastarla di nuovo finché non diventa morbida.
Nel frattempo far scogliere il burro e mescolarlo con lo zucchero e la cannella.
Con un mattarello appiattirla formando un rettangolo.
Spalmare il ripieno, richiudere il rettangolo ed amalgamare impastando nuovamente.
Formate dei panetti e disponeteli in una teglia sulla carta da forno. Lasciarli lievitare finché raddoppia il volume (un'ora e mezza circa).
Spennellarli con l'uovo e infornarli nel forno preriscaldato a 200°C (150°C forno elettrico) per circa 20 min. circa finché dorate. Cospargerli con la granella.

venerdì 4 febbraio 2011

Pan Brazedìn






Ingredienti:

250 gr di farina farro
100 gr di burro
100 gr di zucchero di canna integrale
1 uovo e 1 tuorlo
100 gr di latte tiepido
1 bustina di lievito
sale quanto basta


Realizzazione:

Ammorbidire il burro.
Amalgamare burro, zucchero, uova e latte (tutti ingredienti tolti da poco dal frigo), aggiungendo il lievito, in una terrina che terrete a contatto con l'acqua tiepida.
Mescolate con un cucchiaio di legno.
Quindi aggiungere la farina ed il sale.
Coprire l'impasto con un panno di lino e far lievitare per circa 1 ora.
Trascorso il tempo versare l'impasto in uno stampo da torte foderato con carta da forno.
Infornare per circa 40 min a 180°C (175° forno elettrico).

venerdì 28 gennaio 2011

Biscotti ai fiocchi d'Avena






Ingredienti

250 gr Avena in fiocchi
125 gr Burro
un cucchiaio Cannella in polvere
Mezza bustina di lievito chimico in polvere
la buccia grattugiata di un limone (o un cucchiaio da minestra di succo)
un pizzico di sale
Uova: uno intero e un tuorlo
125 gr. Zucchero


Preparazione

Mettere in una ciotola capiente i fiocchi d'avena e unite lo zucchero,e il burro ammorbidito. Quindi aggiungete l'uovo intero e il tuorlo, il cucchiaino di cannella e la buccia grattugiata di un limone (o il succo).
In ultimo inserite all'impasto il lievito in polvere.
A questo punto impastate bene tutti gli ingredienti con le mani fino a ottenere un composto omogeneo.
Quando l'impasto avrà raggiunto la giusta consistenza suddividetelo in tante piccole parti.
Con le mani bagnate, fate tante palline e disponetele in una teglia ricoperta da carta forno una accanto all'altra badando di lasciare uno spazio sufficiente tra una e l'altra poichè durante la cottura cresceranno e si allargheranno.
Infornate a 180 gradi per 20 minuti, quindi sfornate i biscotti ai fiocchi d'avena non appena saranno ben dorati.

mercoledì 26 gennaio 2011

Focaccia di Farro alle cipolle




Ingredienti

250g di farina di farro
un cubetto di lievito di birra (o una bustina)
acqua
olio extra vergine
mezza cipolla grossa, o 2 piccole
sale grosso.

Preparazione

Per prima cosa tritate la cipolla.
In una ciotolina mettere dell'acqua tiepida e un pizzico di sale (un cucchiaino).
Unite la farina, il sale ed il lievito, aggiungendo acqua fino a che non diventa elastico, e formate un panetto che lascerete lievitare al caldo per un'ora.
Sgonfiatelo ed aggiungete all'impasto 2 cucchiai di olio, poco alla volta, impastando bene.
Appiattite la pasta con le mani e spargete sopra la cipolla tritata, ripiegate verso il centro i quattro lembi del disco in modo da chiudere al suo interno gli ingredienti e manipolate la pasta fino a che la cipolla si sarà integrata con la pasta stessa.
Ungete la teglia (va bene anche una teglia per torte) con l'olio ed allargate la pasta con le dita fino a riempire la teglia, ungete l’impasto con un filo d'olio e spargete sopra una bella manciata di sale grosso. Infornare a 220° per circa 25 minuti: per il forno elettrico 200° per 20 minuti.

martedì 25 gennaio 2011

Quali erano i cibi che consumavano gli antichi Insubri ?

ORZO: per fare minestre asciutte (il panicium, l'antenato della tradizionale panissa vercellese, oggi fatta di riso e fagioli), pane, birra di tutti i tipi, polente.

MIGLIO: minestre asciutte, polente.

SEGALE: per la panificazione

LENTICCHIE: legume molto presente sulla tavola celtica, mischiato con cereali.

CICERCHIA: specie di cece continentale ormai poco reperibile ma ancora coltivato nel Canavese.

NOCCIOLE: usatissime dai galli stanziati in Piemonte soprattutto (ancora oggi pregiatissime!), essi per primi inventarono la pasta di nocciole.

NOCI: molto usato l'olio, per condire le pietanze ma anche per nutrire e rendere lucidi i capelli scuri delle dame golasecchiane, nonché il mallo, usato ancora oggi per coprire i capelli bianchi.

BURRO: Cesare lo scoprì in Gallia. Sul continente era più adatto al clima, insieme a lardo e cotiche.

FORMAGGI: il gorgonzola e tutti gli erborinati d'Europa sono d'antichissima origine celtica. Anche la fontina, il taleggio e il bitto.

GOCCIE DI PINO: ricetta taurina per eccellenza! Altro non sono che le antenate delle caramelle per la tosse! I taurini prendevano le gemme del pino cembro e le cuocevano nel miele fino a caramellarle, utilizzandole, come oggi, per rinfrescare la gola arrossata. Plinio dice che il loro nome taurino era arauceli o araticeli.

VIRTIS: ovvero i germogli del luppolo selvatico che si trovano in primavera nei fossi, nel Nord Italia e in Europa centrale. Erano e sono usati in cucina per insaporire minestre e zuppe. Inoltre, le tracce archeologiche di una tomba golasecchiana indicano che già nel VII - VI sec. a.C. era utilizzato per fare la birra. In un bicchiere trovato a Pombia ci sono tracce di birra rossa doppio malto, la tipica ceruisia gallica! La più antica trovata in Europa!

MAIALE - CINGHIALE: cibo celtico per eccellenza, rimasto tuttora nella cultura alimentare della Pianura Padana come della Germania.

OVINI e CAPRINI: sempre presenti nelle fattorie celtiche, soprattutto sui monti.

POLLAME: la gallina viene dalla Mesopotamia e compare in Europa durante l'età del ferro. Probabilmente era l'unico pennuto a finire sulla tavola, dato che per i celti era tabù mangiare i volatili, poiché erano considerati messaggeri degli dèi.

CACCIAGIONE: presente solo sulla tavola dei nobili, primo fra tutti il cinghiale

PROSCIUTTI e INSACCATI: quelli prodotti dai celti erano così rinomati che i romani ne importavano tonnellate!

STORIONE: pesce molto rinomato presente nel Po fino al medioevo. Altri pesci: luccio, temolo, cavedano, salmerino. Purtroppo gli amanti delle trote saranno delusi: sono arrivate molto dopo! I pesci pescati nel Lago Maggiore spesso venivano salati proprio come le acciughe. La parola alici deriva da una simile parola celtica che indicava, appunto, il pesce salato.

LUMACHE: già i celto liguri del cuneese le allevavano a scopi culinari.

CASTAGNE: introdotte nel V sec. a.c., molto utilizzate dai poveri, sia bollite, sia per farinate che per la panificazione.

COTOGNATA: confettura di mele cotogne, molto usata per accompagnare arrosti, soprattutto di maiale e cinghiale.

VINO: non è vero che i celti non lo conoscevano. Nella zona del Lago Maggiore sono state trovate tracce di una sorta di Nebbiolo, e si sa per certo che un vino cisalpino amato dai galli era simile all'attuale Lambrusco. La tradizione di invecchiarlo in botti di rovere è tipicamente celtica, mentre i romani lo conservavano in anfore e lo allungavano con miele e acqua di mare. Se noi oggi beviamo il vino senza allungarlo utilizzando bicchieri conici invece di coppe larghe e poco fonde lo dobbiamo di certo ai galli!

IDROMELE: bevanda sacra per eccellenza, si pensa sia l'ambrosia citata nei miti greci. E' di origine indoeuropea e non dovrebbe essere bevuta con leggerezza, ma solo nelle cerimonie sacre e alle feste tradizionali.
Birra: ne esistevano, come oggi, vari tipi. La ceruisia era quella rossa doppio malto; la cerea quella chiara di frumento tipo weiss; la bier quella chiara luppolata; la curmi quella spumosa che piaceva molto alle donne perché fatta fermentare a freddo col miele, infine la camum, birra chiara prodotta in Pannonia con miglio o orzo o frumento

Formaggio e burro: antichi cibi dei Celti Cisalpini

I formaggi dei Celti della Cisalpina nelle fonti antiche e nella linguistica
Già nelle descrizioni d’età romana è facile riconoscere i formaggi che costituiscono gli “antenati” delle nostre tome d’alpeggio e fontine.
Nell’Historia Augusta (Ant. Pius, XII,4) si parla di una famiglia di formaggi nelle Alpi occidentali definita genericamente alpinus. E’ facile comprendere come una vera stella di questo gruppo il rinomato vatusicus (da *Vatusio toponimo, probabilmente in Val d’Isère), una fontina o una gruyère prodotto nelle Alpi Cozie intorno al territorio dei Ceutrones (Galen De Alim. facult III 16, 3 ; Plin N. H. XI 97). Si può dunque interpretarlo come un formaggio stagionato d’alpeggio a prevalenza di latte vaccino, di buona conservazione, originalmente cagliato con l’ausilio d’erbe montane aromatiche, secondo una tecnica tipicamente celto-ligure (per es. l’erba detta nel Piemonte nord-orientale bettolina o mattolina, che dà il sapore al bettelmatt). Il termine celtico alpino per questo formaggio d’alpeggio è probabilmente ricostruibile con l’aggettivo *bit[t]u (“durevole”), da cui derivano la denominazione attuale il bitto valtellinese, il Bettelmatt (“alpeggio del bettel” con una resa germanica/walser dell’originale termine celtico) ossolano-ticinese, il beddo biellese: lo stesso termine in celtico ha anche il significato di “mondo” ed è ancora oggi curioso pensare alla terra nell’immaginario degli antichi con l’aspetto di una grande forma di formaggio, leggermente convessa. In generale questa produzione di formaggi di pregio ha dato origine alle fontine, alla groviera, alle tome, al Maccagno, al Castelmagno.
E’ probabilmente nel corso dell’età del Ferro che si escogita la tecnica per rendere conservabile lo stracchino, altrimenti destinato a deteriorarsi in poco tempo. Con l’aggiunta di poco latte di pecora e della muffa raschiata dal pane di segale (e la segale fin dall’età del Bronzo era tipica del Piemonte occidentale) si ottiene l’effetto di asciugarlo della parte acquosa, di aumentarne l’apporto proteico (grazie agli elementi vivi delle muffe) e di evitarne l’aggressione da parte di altri bacilli o saccaromiceti. Si spiega così l’atteggiamento delle fonti latine (Colum XII 59; Plin N. H. XI 97) verso un formaggio definito generalmente gallicus, cioè delle Gallie (Cisalpina e Transalpina) ed evidentemente tipico della casearia celtica: Plinio in particolare dice che “il formaggio delle Gallie ha il sapore e la forza di una medicina”. Il Gallicus rappresenta per molte caratteristiche il capostipite dei formaggi erborinati (dal lombardo erborin, “prezzemolo”) e ne spiega la distribuzione ancora attuale in Europa Occidentale. Richiama dunque il Murianengo o Blu del Moncenisio (fatto originariamente con una quota di latte ovino, mentre oggi il Moncenisio è solo di latte vaccino) ed il Roquefort (a prevalenza di latte ovino), ma anche e direttamente il Gorgonzola. Quest’ultimo nel Novarese era detto tradizionalmente fino ad oggi chèga, con un richiamo al celtico *cagios (“di stalla, di recinto”) con una continuità non attestata altrove del nome celtico). Le più antiche fonti medievali per il formaggio tipo gorgonzola è Eginardo (770-840) che nell’830 menziona l’imbarazzo di Carlo Magno davanti ad una fetta di Roquefort (prime fonti dirette su questo formaggio nel 1070). Nel testamento di Ansperto a Milano dell’879 è citato un caseus maculatus tradizionalmente ritenuto Gorgonzola; nel 1007 un caseus donato alla Scuola di Sant’Ambrogio è probabilmente simile.
Importante notare che le fonti greche e latine collegano ai Celti la realizzazione di un burro solido e compatto per conservare nel tempo le parti più grasse del latte: fin dall’età del Bronzo frollini in legno a più rebbi radiali sono probabilmente collegati ad una attività di questo tipo ma è probabilmente con l’età del Ferro che il collegamento ad un recipiente in legno stretto e lungo (zangola) consente più agevolmente di ottenere in poco tempo una forte concentrazione delle parti grasse della panna, cioè il burro come noi lo conosciamo.

CINGHIALE MOC




Ingredienti

4 bracciole di cinghiale
1 ettodi erba cipollina
20 gr. di grani di senape
1 ettodi farina di farro
1 etto di mirtilli
vino rosso
mezzo limone
strutto


Realizzazione:

Si prendono le bracciole e si lasciano 15 minuti a bagno nel vino rosso (Lambrusco o Barbera).
Nel frattempo si sminuzza l'erba cipollina che viene messa a scaldare in una pentola di ferro con un pezzetto di strutto mescolano di tanto in tanto ed a fuoco basso.
Si prendono i grani di senape e si triturano grossolanamente in un mortaio mescolandoli con un goccio di vino e il sugo di mezzo limone.
Si prendono le bracciole e si passano da ambedue i lati prima nel composto di senape, poi nella farina di farro e vengono messe sul fuoco a fiamma moderata.
Si portano a tre quarti di cottura da un lato, poi si girano e si aggiungono i mirtilli schiacciati terminando la cottura.
Si servono calde , condendole con il sugo restato nella pentola.