venerdì 28 gennaio 2011

Biscotti ai fiocchi d'Avena






Ingredienti

250 gr Avena in fiocchi
125 gr Burro
un cucchiaio Cannella in polvere
Mezza bustina di lievito chimico in polvere
la buccia grattugiata di un limone (o un cucchiaio da minestra di succo)
un pizzico di sale
Uova: uno intero e un tuorlo
125 gr. Zucchero


Preparazione

Mettere in una ciotola capiente i fiocchi d'avena e unite lo zucchero,e il burro ammorbidito. Quindi aggiungete l'uovo intero e il tuorlo, il cucchiaino di cannella e la buccia grattugiata di un limone (o il succo).
In ultimo inserite all'impasto il lievito in polvere.
A questo punto impastate bene tutti gli ingredienti con le mani fino a ottenere un composto omogeneo.
Quando l'impasto avrà raggiunto la giusta consistenza suddividetelo in tante piccole parti.
Con le mani bagnate, fate tante palline e disponetele in una teglia ricoperta da carta forno una accanto all'altra badando di lasciare uno spazio sufficiente tra una e l'altra poichè durante la cottura cresceranno e si allargheranno.
Infornate a 180 gradi per 20 minuti, quindi sfornate i biscotti ai fiocchi d'avena non appena saranno ben dorati.

mercoledì 26 gennaio 2011

Focaccia di Farro alle cipolle




Ingredienti

250g di farina di farro
un cubetto di lievito di birra (o una bustina)
acqua
olio extra vergine
mezza cipolla grossa, o 2 piccole
sale grosso.

Preparazione

Per prima cosa tritate la cipolla.
In una ciotolina mettere dell'acqua tiepida e un pizzico di sale (un cucchiaino).
Unite la farina, il sale ed il lievito, aggiungendo acqua fino a che non diventa elastico, e formate un panetto che lascerete lievitare al caldo per un'ora.
Sgonfiatelo ed aggiungete all'impasto 2 cucchiai di olio, poco alla volta, impastando bene.
Appiattite la pasta con le mani e spargete sopra la cipolla tritata, ripiegate verso il centro i quattro lembi del disco in modo da chiudere al suo interno gli ingredienti e manipolate la pasta fino a che la cipolla si sarà integrata con la pasta stessa.
Ungete la teglia (va bene anche una teglia per torte) con l'olio ed allargate la pasta con le dita fino a riempire la teglia, ungete l’impasto con un filo d'olio e spargete sopra una bella manciata di sale grosso. Infornare a 220° per circa 25 minuti: per il forno elettrico 200° per 20 minuti.

martedì 25 gennaio 2011

Quali erano i cibi che consumavano gli antichi Insubri ?

ORZO: per fare minestre asciutte (il panicium, l'antenato della tradizionale panissa vercellese, oggi fatta di riso e fagioli), pane, birra di tutti i tipi, polente.

MIGLIO: minestre asciutte, polente.

SEGALE: per la panificazione

LENTICCHIE: legume molto presente sulla tavola celtica, mischiato con cereali.

CICERCHIA: specie di cece continentale ormai poco reperibile ma ancora coltivato nel Canavese.

NOCCIOLE: usatissime dai galli stanziati in Piemonte soprattutto (ancora oggi pregiatissime!), essi per primi inventarono la pasta di nocciole.

NOCI: molto usato l'olio, per condire le pietanze ma anche per nutrire e rendere lucidi i capelli scuri delle dame golasecchiane, nonché il mallo, usato ancora oggi per coprire i capelli bianchi.

BURRO: Cesare lo scoprì in Gallia. Sul continente era più adatto al clima, insieme a lardo e cotiche.

FORMAGGI: il gorgonzola e tutti gli erborinati d'Europa sono d'antichissima origine celtica. Anche la fontina, il taleggio e il bitto.

GOCCIE DI PINO: ricetta taurina per eccellenza! Altro non sono che le antenate delle caramelle per la tosse! I taurini prendevano le gemme del pino cembro e le cuocevano nel miele fino a caramellarle, utilizzandole, come oggi, per rinfrescare la gola arrossata. Plinio dice che il loro nome taurino era arauceli o araticeli.

VIRTIS: ovvero i germogli del luppolo selvatico che si trovano in primavera nei fossi, nel Nord Italia e in Europa centrale. Erano e sono usati in cucina per insaporire minestre e zuppe. Inoltre, le tracce archeologiche di una tomba golasecchiana indicano che già nel VII - VI sec. a.C. era utilizzato per fare la birra. In un bicchiere trovato a Pombia ci sono tracce di birra rossa doppio malto, la tipica ceruisia gallica! La più antica trovata in Europa!

MAIALE - CINGHIALE: cibo celtico per eccellenza, rimasto tuttora nella cultura alimentare della Pianura Padana come della Germania.

OVINI e CAPRINI: sempre presenti nelle fattorie celtiche, soprattutto sui monti.

POLLAME: la gallina viene dalla Mesopotamia e compare in Europa durante l'età del ferro. Probabilmente era l'unico pennuto a finire sulla tavola, dato che per i celti era tabù mangiare i volatili, poiché erano considerati messaggeri degli dèi.

CACCIAGIONE: presente solo sulla tavola dei nobili, primo fra tutti il cinghiale

PROSCIUTTI e INSACCATI: quelli prodotti dai celti erano così rinomati che i romani ne importavano tonnellate!

STORIONE: pesce molto rinomato presente nel Po fino al medioevo. Altri pesci: luccio, temolo, cavedano, salmerino. Purtroppo gli amanti delle trote saranno delusi: sono arrivate molto dopo! I pesci pescati nel Lago Maggiore spesso venivano salati proprio come le acciughe. La parola alici deriva da una simile parola celtica che indicava, appunto, il pesce salato.

LUMACHE: già i celto liguri del cuneese le allevavano a scopi culinari.

CASTAGNE: introdotte nel V sec. a.c., molto utilizzate dai poveri, sia bollite, sia per farinate che per la panificazione.

COTOGNATA: confettura di mele cotogne, molto usata per accompagnare arrosti, soprattutto di maiale e cinghiale.

VINO: non è vero che i celti non lo conoscevano. Nella zona del Lago Maggiore sono state trovate tracce di una sorta di Nebbiolo, e si sa per certo che un vino cisalpino amato dai galli era simile all'attuale Lambrusco. La tradizione di invecchiarlo in botti di rovere è tipicamente celtica, mentre i romani lo conservavano in anfore e lo allungavano con miele e acqua di mare. Se noi oggi beviamo il vino senza allungarlo utilizzando bicchieri conici invece di coppe larghe e poco fonde lo dobbiamo di certo ai galli!

IDROMELE: bevanda sacra per eccellenza, si pensa sia l'ambrosia citata nei miti greci. E' di origine indoeuropea e non dovrebbe essere bevuta con leggerezza, ma solo nelle cerimonie sacre e alle feste tradizionali.
Birra: ne esistevano, come oggi, vari tipi. La ceruisia era quella rossa doppio malto; la cerea quella chiara di frumento tipo weiss; la bier quella chiara luppolata; la curmi quella spumosa che piaceva molto alle donne perché fatta fermentare a freddo col miele, infine la camum, birra chiara prodotta in Pannonia con miglio o orzo o frumento

Formaggio e burro: antichi cibi dei Celti Cisalpini

I formaggi dei Celti della Cisalpina nelle fonti antiche e nella linguistica
Già nelle descrizioni d’età romana è facile riconoscere i formaggi che costituiscono gli “antenati” delle nostre tome d’alpeggio e fontine.
Nell’Historia Augusta (Ant. Pius, XII,4) si parla di una famiglia di formaggi nelle Alpi occidentali definita genericamente alpinus. E’ facile comprendere come una vera stella di questo gruppo il rinomato vatusicus (da *Vatusio toponimo, probabilmente in Val d’Isère), una fontina o una gruyère prodotto nelle Alpi Cozie intorno al territorio dei Ceutrones (Galen De Alim. facult III 16, 3 ; Plin N. H. XI 97). Si può dunque interpretarlo come un formaggio stagionato d’alpeggio a prevalenza di latte vaccino, di buona conservazione, originalmente cagliato con l’ausilio d’erbe montane aromatiche, secondo una tecnica tipicamente celto-ligure (per es. l’erba detta nel Piemonte nord-orientale bettolina o mattolina, che dà il sapore al bettelmatt). Il termine celtico alpino per questo formaggio d’alpeggio è probabilmente ricostruibile con l’aggettivo *bit[t]u (“durevole”), da cui derivano la denominazione attuale il bitto valtellinese, il Bettelmatt (“alpeggio del bettel” con una resa germanica/walser dell’originale termine celtico) ossolano-ticinese, il beddo biellese: lo stesso termine in celtico ha anche il significato di “mondo” ed è ancora oggi curioso pensare alla terra nell’immaginario degli antichi con l’aspetto di una grande forma di formaggio, leggermente convessa. In generale questa produzione di formaggi di pregio ha dato origine alle fontine, alla groviera, alle tome, al Maccagno, al Castelmagno.
E’ probabilmente nel corso dell’età del Ferro che si escogita la tecnica per rendere conservabile lo stracchino, altrimenti destinato a deteriorarsi in poco tempo. Con l’aggiunta di poco latte di pecora e della muffa raschiata dal pane di segale (e la segale fin dall’età del Bronzo era tipica del Piemonte occidentale) si ottiene l’effetto di asciugarlo della parte acquosa, di aumentarne l’apporto proteico (grazie agli elementi vivi delle muffe) e di evitarne l’aggressione da parte di altri bacilli o saccaromiceti. Si spiega così l’atteggiamento delle fonti latine (Colum XII 59; Plin N. H. XI 97) verso un formaggio definito generalmente gallicus, cioè delle Gallie (Cisalpina e Transalpina) ed evidentemente tipico della casearia celtica: Plinio in particolare dice che “il formaggio delle Gallie ha il sapore e la forza di una medicina”. Il Gallicus rappresenta per molte caratteristiche il capostipite dei formaggi erborinati (dal lombardo erborin, “prezzemolo”) e ne spiega la distribuzione ancora attuale in Europa Occidentale. Richiama dunque il Murianengo o Blu del Moncenisio (fatto originariamente con una quota di latte ovino, mentre oggi il Moncenisio è solo di latte vaccino) ed il Roquefort (a prevalenza di latte ovino), ma anche e direttamente il Gorgonzola. Quest’ultimo nel Novarese era detto tradizionalmente fino ad oggi chèga, con un richiamo al celtico *cagios (“di stalla, di recinto”) con una continuità non attestata altrove del nome celtico). Le più antiche fonti medievali per il formaggio tipo gorgonzola è Eginardo (770-840) che nell’830 menziona l’imbarazzo di Carlo Magno davanti ad una fetta di Roquefort (prime fonti dirette su questo formaggio nel 1070). Nel testamento di Ansperto a Milano dell’879 è citato un caseus maculatus tradizionalmente ritenuto Gorgonzola; nel 1007 un caseus donato alla Scuola di Sant’Ambrogio è probabilmente simile.
Importante notare che le fonti greche e latine collegano ai Celti la realizzazione di un burro solido e compatto per conservare nel tempo le parti più grasse del latte: fin dall’età del Bronzo frollini in legno a più rebbi radiali sono probabilmente collegati ad una attività di questo tipo ma è probabilmente con l’età del Ferro che il collegamento ad un recipiente in legno stretto e lungo (zangola) consente più agevolmente di ottenere in poco tempo una forte concentrazione delle parti grasse della panna, cioè il burro come noi lo conosciamo.

CINGHIALE MOC




Ingredienti

4 bracciole di cinghiale
1 ettodi erba cipollina
20 gr. di grani di senape
1 ettodi farina di farro
1 etto di mirtilli
vino rosso
mezzo limone
strutto


Realizzazione:

Si prendono le bracciole e si lasciano 15 minuti a bagno nel vino rosso (Lambrusco o Barbera).
Nel frattempo si sminuzza l'erba cipollina che viene messa a scaldare in una pentola di ferro con un pezzetto di strutto mescolano di tanto in tanto ed a fuoco basso.
Si prendono i grani di senape e si triturano grossolanamente in un mortaio mescolandoli con un goccio di vino e il sugo di mezzo limone.
Si prendono le bracciole e si passano da ambedue i lati prima nel composto di senape, poi nella farina di farro e vengono messe sul fuoco a fiamma moderata.
Si portano a tre quarti di cottura da un lato, poi si girano e si aggiungono i mirtilli schiacciati terminando la cottura.
Si servono calde , condendole con il sugo restato nella pentola.

Il Farro dei Celti Insubri

"non è facile illustrare la qualità (del terreno). C'è in quei luoghi una tale abbondanza di grano che ai nostri tempi spesso un medimno di frumento siciliano costa quattro oboli, uno di orzo due e un metrete di vino come una misura d'orzo.
Di miglio e di panico c'è da loro una produzione abbondantissima. La quantità dighiande che proviene dalla distribuzione dei querceti nella pianura la si può dedurre in modo particolare da quanto segue: la quasi totalità della fornitura dei moltissimi capi di bestiame suino macellati in Italia per gli approvvigionamenti privati e degli eserciti viene dalle loro pianure."

Polibio 2, 15, 1-4

lunedì 24 gennaio 2011

COTELETTA A LA MILANESA

Non poteva mancare la Coteletta a la Milanesa, tipica Meneghina.

LACCIADA: DOLCE TIPICO MILANESE

Ricetta tipica Milanese...

"Crapa pelada l'haa fà i tortej ghe ne dà minga ai fò fredej.
I sò fredej hann fà la LACCIADA, ghe ne dann minga a Crapa pelada"


VIDEO RICETTA: CINGHIALE IN SALSA RIBES

Ed ecco la video ricetta di un piatto tipico Insubre: il CINGHIALE.

TOPINAMBUR

Ecco una ricetta suggerita da un'amica, molto veloce da realizzare.


Ingredienti:

500 gr di topinambur
un pizzico di sale
burro


Realizzazione:

Pulire e lessare i topinambur, schiacciateli ( con lo schiaccia patate ), aggiungete un pizzico di sale, coprite il fondo di una teglia antiaderente con carta da forno.
Coprire i topinambur con formaggio tipico lombardo (dal quartirolo al primo sale), aggiungere dei fiocchetti di burro ed infornate a 180° per 10 minuti.

Buon appetito !

TAGLIATELLE DI FARRO




Ingredienti:

200 gr di farina farro (tipo grano duro)
2 uova
1 pizzico di sale


Realizzazione:

Setacciare la farina tipo "montagnetta", con al centro le uova ed il pizzico di sale, sbattute precedentemente in una ciotola con una forchetta.
Amalgamare tutto partendo dai bordi della farina.
Lavorate il composto per 15-20 minuti su un tavolo (o tagliere di legno) spolverato di farina.
L'impasto va tirato, ripiegato su se stesso ed infine schiacciato con i pugni.
Il tutto deve essere ripetuto energicamente e più volte finché l’impasto non sarà sodo e omogeneo.
Fatene una palla, avvolgetela in un panno di lino e lasciatela riposare per mezz'ora.
Trascorsa la mezz'ora l’impasto è pronto per essere tirato o steso, cosa che può essere fatta con una macchina apposita o a mano con un mattarello (ma con quest'ultimo procedimento i tempi si allungano).
Dalle sfoglie poi ricaverete il formato di pasta che preferite, dalle pappardelle alle tagliatelle.

PANE DI FARRO





Ingredienti:

mezzo kg di farina di farro (tipo grano tenero)
due cucchiaini di lievito di birra secco (possibilmente naturale)
un cucchiaino di miele
un cucchiaino di sale

Realizzazione:

Mettere il lievito ed il miele in una tazza con due dita di acqua tiepida ed attendere dieci minuti fino quando ha formato una schiuma spessa come quella del cappuccino.
In un'altra tazza mettere il sale a sciogliere con due dita di acqua tiepida.
Versare la farina in una ciotola capiente e poi il lievito e l'acqua salata. Aggiungere acqua se serve, se non sembra sufficiente quella del lievito e del sale ed impastare tutto lavorandolo con le mani per qualche minuto. Bisogna ottenere un impasto elastico e che si stacchi da solo dalle pareti della ciotola.
Coprire la ciotola con un canovaccio e tenerla per un'oretta in un posto tiepido, vicino ad una fonte di calore (calorifero, sole).
Impastare nuovamente per qualche minuto e rimettere a ancora a lievitare. dopo un'oretta ancora l'impasto sarà cresciuto notevolmente.
Preparare la pagnotta nella forma che si preferisce mettendola su di una teglia, meglio se su carta da forno e lasciarla lievitare ancora qualche minuto.
Infornare a 250 gradi (200 gradi se avete il forno elettrico).
Il tempo di cottura dipenderà dalla forma del pane.
Per il forno elettrico, dopo circa 45 minuti, ridurre il calore a 180 gradi.
Per evitare che sia poco cotto all'interno meglio spegnere il forno e lasciare il pane dentro ancora per 10 min.
Lasciare raffreddare il pane e per evitare una crosta dura, coprirlo con un panno di lino leggermente umido.

Benvenuti !!!

Perchè Insubri ?
L'Insubria era l'antico territorio celtico di cui facevano parte grosso modo, l'odierna Lombardia, il Piemonte Occidentale e il Canton Ticino.
Con questo blog voglio suggerire ricette che hanno mantenuto intatta la Tradizione Celtica, appunto, utilizzando materie prime che anche i nostri antenati utilizzavano, come ad esempio la farina di Farro, il miglio, l'orzo, l'avena, aglio e cipolla, e il burro.

Potete commentare, lasciare vostre considerazioni e/o richieste di spiegazioni.

Buona navigazione !